THE ART OF ANATOLIAN GREEKS (ITALIAN TRANSLATION)

Il 19 Gennaio, 2008, lo scrittore/studioso di genocidio Desmond Fernandes ha presentato un testo scritto da Diamanda in occasione di un evento commemorativo per Hrant Dink, il Capo-Editore del giornale biligue Turco-Armeno, Agos, che fu assassinato a Istanbul un anno fa da un nazionalista turco. Il tributo si tenne davanti alla Casa Del Parlamento a Londra. Il discorso di Diamanda è stato in seguito letto durante una breve presentazione fatta da Desmond Fernandes una lettura in memoria di Hrant Dink presso la London’s House of Commons il 21 Gennaio, 2008.

Il discorso di Diamanda:

Più tempo s’impiegherà porre all’attenzione generale il mandato di assumere come “Turco” quanto vi sia di buono- e buono tutto ciò che è Turco, più tempo sarà necessario alla riparazione della disinformazione culturale economicamente supportata e diffusa da quelle istituzioni e persone in Turchia, le quali, usando come un mandato criminale la necessità di tradurre tutte le arti orali (canti, poesia, teatro, e altre pratiche rituali umae) in Turco prima di poter avere luogo in pubblico, di fatto compiono in questo modo una ripulitura dei nomi degli originari detentori, rivendicandole come invenzione e innovazione Turca.

Dal momento in cui l’arte è eseguita in Turco, allora essa può essere rivendicata come Turca, e di conseguenza come una forma d’arte turca. Con i legittimi proprietari censurati, sotto controllo, o in prigione per aver eseguito il proprio lavoro illegalmente (ovvero nella propria lingua), esso può tranquillamente essere depositato sotto la voce “anonimo” o un nome turco, in un caveau protetto e proclamato tesoro etnicamente inviolato, e questo con l’aiuto dei buoni amici della Turchia, America e Israele.

Non è certo un mistero che Greci, Armeni, Assiri e Curdi fossero tenuti per secoli a fornire i loro bambini e giovani uomini alla milizia Turca (al fine di assicurare protezione alle proprie famiglie e proprietà dalla Repubblica Ottomana, per esempio), ma questo arruolamento includeva anche compositori musicali, interpreti, cantanti, poeti, e così via, che NON erano autorizzati a eseguire in altra lingua che in turco. Successivamente, quando le loro braccia erano portate via, e mano mano che venivano mandati al macello, i lavori che si lasciarono alle spalle erano proclamati turchi, come lo è stata Santa Sofia, la scultura greca e assira, e la poesia armena.

Nel caso lampante del grande udista Udi Hrant, egli non può essere ascoltato su una registrazione in cui canti in armeno, sebbene fosse lui armeno, e uno dei più famosi armeni mai vissuti in Turchia. Può essere solo ascoltato mentre canta in turco.

Le melodie degli amanes, amanethes, condivise in lungo e in largo per l’intera Grecia e Anatolia sono tuttora rivendicate da tutte le culture che siano vissute in Anatolia, dal momento che l’agorà di Smirne/Izmir era il punto d’incontro di greci, armeni, curdi, ebrei, arabi, e assiri. Tutti loro condivisero versi e cantarono questa musica “a un dio invitato dalla disperazione”. La parola “amanes” si riferisce a “mana”, o madre, in greco. In altre parole, è l’ultimo pianto del soldato sul campo di battaglia, ed è il pianto universale di colui che è solo.

Fortunatamente la parola “aman” è permessa in Turchia, ma quanto ci vorrà perché nei libri turchi di educazione musicale sia scritto che questa grande tradizione vocale è originariamente turca? Cosa allora penseranno i greci che fra 100, o anche solo 50 anni, ascolteranno Dalgas, il nostro più grande cantante di amanes?

Come figlia di un Magnate Spartano e di un’Anatolica di Smirne/Izmir, Mar Nero, e Alessandria, trovo la pulizia etnica dell’arte assurda, ma anche pericolosa. Se si dice a un armeno di rifiutare ciò che potrebbe appartenergli per diritto di nascita perché gli è in seguito insegnato attraverso la disinformazione propinata dagli istituti musicali turchi che la musica che ama non è armena ma in realtà turca, cosa gli rimane? Quanti dromoi/makams (scale) gli rimarranno da intonare? Questo è vero per tutte le culture menzionate prima.

La rapina non è solo furto di soldi o carne umana; essa implica l’assassinio dell’anima delle culture che presto moriranno se non hanno più canzoni da cantare. Specialmente nel deserto. E la sopravvivenza nel deserto è di provata pericolosità.

Translation by an Italian fan of Diamanda